Problemi di fame

L’editoriale di Giampaolo Lai apparso su Tecniche conversazionali intitolato “I pazienti imprenditori” pone una riflessione sul lavoro psicoterapeutico che vorrei approfondire.
Secondo Lai, due erano i cardini fondamentali del lavoro analitico: interpretazione e setting.
Il primo è crollato perché violentemente asimmetrico e perché la ricerca psicoanalitica si è spostata dalla ricerca epistemica a quella della felicità.
Il secondo perché oggi è il paziente a determinare tempi e ritmi della sua cura,spesso facendo a meno dell’analista.
A conforto di questa riflessione viene portata l’esperienza di Fabiola De Clerq sull’anoressia.
Lai pone in rilievo come sia cambiata la funzione dell’interpretazione all’interno del rapporto analitico.

L’analista non interpreta più dall’alto di un suo supposto sapere e tutto viene rimandato al rapporto bipersonale.
Anche rispetto al setting si riportano le mutazioni in corso , mutazioni che tentano di tener conto soprattutto del cambiamento occupazionale dei nuovi pazienti.
Fin qui credo di essere d’accordo con l’editoriale di Lai,comprese le cause storiche che vengono citate per dimostrare questi cambiamenti.
Sui pazienti che assumono la promozione del loro trattamento e la valorizzazione economica del loro caso credo che siano questioni che si possono vedere anche in altri modi.
Prima di arrivare alla psicoterapia moti pazienti hanno spesso cercato (e trovato ) altre modalità di cura.
E’ sempre stato così ed è prevedibile (e per me anche auspicabile) che la cura di se non passi necessariamente solo dallo psicoanalista.
A differenza di tante altre cure , la psicoanalisi può aprire nel soggetto il proprio desiderio.

L’apertura del desiderio della propria cura e ,in molti casi , la successiva promozione della cura altrui.
Se e vero che la psicoterapia non cura da sola l’alcolismo e anche vero che molti alcolisti si curano sia attraverso i gruppi di auto-aiuto sia facendo la psicoterapia.

Presentare l’esperienza della De Clerq nel modo che fa Lai è davvero riduttivo.

E’ credibile che avrebbe avuto tanto successo il suo libro e la sua Associazione se la sua dolorosissima cura non fosse passata attraverso l’analisi ?
E’ un caso che la struttura e il metodo di cura dell’ABA sia fondato prevalentemente sul lavoro analitico ?
Se si legge con accortezza il bel libro di Massimo Recalcati, Direttore scientifico dell’ABA,

”L’ultima cena:Anoressia e bulimia-Bruno Mondadori Ed.”- si trovano indicazioni preziose del lavoro psicoterapeutico che si può fare con queste pazienti.
Quanti sono gli psicoanalisti e gli psicoterapeuti che sono diventati in questi decenni manager della cura propria e altrui ?

Migliaia. Decine di migliaia.
Perché parlare di un fenomeno recente quando tutta la storia della terapia psicoanalitica parte da persone che da ammalati si trasformano ,dopo la loro guarigione,in curanti?
Credo non percorribile l’ipotesi che oggi il paziente ha imparato l’arte dell’imprenditore della propria malattia.

Non capisco che utilità possa avere un essere umano ad ammalarsi deliberatamente per diventare un’imprenditore , a spendere una o più ore la settimana a parlare con un analista con la finalità di guadagnare in futuro sulle disgrazie altrui.
Sarà casomai il percorso terapeutico che ha fatto che gli darà gli stimoli e gli strumenti necessari per occuparsi anche degli altri.
La formulazione dell’editoriale di Lai mi suscita il sospetto che l’operazione politica che sta dietro una teorizzazione del genere sia simile al nichilismo della ragione.
Invece qualche ragione la psicoanalisi c’è l’ha, e farebbe bene a ribadirla e a farla valere.
Altrimenti è più corretto dire che hanno ragione quei psicoterapeuti americani che corrono in camper dietro ai loro clienti man mano che questi ultimi si spostano per i loro affari.
E’ vero che per mangiare si possono fare molte cose, ma perché porre questioni tecniche in problemi che sono, probabilmente, solo di fame ?

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