La riabilitazione neuro-psicologica

La riabilitazione neuro-psicologica


1. INTRODUZIONE
L’intervento riabilitativo si pone l’obiettivo di ripristinare, ove possibile le funzioni lese (es. parlare), minimizzando l’impatto dei deficit nella vita quotidiana, cercando di ridurne le limitazioni e le difficoltà oggettive e soggettive, monitorare i sintomi non cognitivi, mantenere e/o migliorare l’autonomia nelle abilità di base strumentali e migliorare la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari.
Il campo di azione è variabile e gli esiti sono strettamente connessi con le specifiche zone colpite dal danno neurologico, con la risposta individuale e con il livello di supporto sociale e strumentale.
A tal fine la presa in carico della situazione di bisogno del paziente è globale all’interno di un processo multidisciplinare: gli interventi vengono condivisi e coordinati da diverse figure professionali che collaborano tra loro al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi con il paziente ed i suoi familiari.
La multidisciplinarietà permette di considerare le diverse peculiarità del paziente ed averne una visione completa e particolareggiata.

Il contributo dello psicologo è di fondamentale importanza non soltanto per esaminare i vissuti legati alla patologia neurologica, ma soprattutto per individuare e prevenire eventuali psicopatologie ad essa strettamente connesse, in particolare ansia o depressione.
Lo psicologo, inoltre, interviene sia durante la fase di valutazione neuropsicologica finalizzata alla rilevazione dell’entità del danno sia durante la fase riabilitativa con il paziente e con i suoi familiari.

Molto spesso è compito dello psicologo anche l’accompagnamento durante l’accettazione delle competenze e funzionalità perdute, poiché sebbene la riabilitazione si auspichi il completo recupero della menomazione possono essere presenti dei limiti che ne inficiano la riuscita. In tali casi l’intervento riabilitativo sarà focalizzato sull’ottimizzazione delle abilità residue e il miglioramento della partecipazione. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita attraverso il recupero del miglior livello fisico, cognitivo, psicologico, funzionale e delle relazioni sociali nell’ambito dei bisogni e delle aspirazioni dell’individuo e della sua famiglia (RCPE 2000).

Nel presente articolo verrà proposta una panoramica sulle modalità attraverso cui avviene il processo riabilitativo che prende le mosse dalla valutazione funzionale generale atta a comprendere l’entità del danno a valutazioni e riabilitazioni delle singole funzioni cognitive.
Saranno trattate le principali tecniche riabilitative utilizzate in combinazione a quelle cognitivo- comportamentali (programmazione del rinforzo, shaping, prompting, modeling, fading ecc…) ed in concomitanza agli interventi effettuati dagli altri professionisti.

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1. PRINCIPALI DOMINII DI VALUTAZIONE

Per trattare adeguatamente gli specifici deficit cognitivi è strettamente necessario valutare con appropriatezza e precisione l’entità e la localizzazione del danno, le risorse residue, le risorse personali/sociali che la persona possiede, eventuali comorbilità psichiatriche che potrebbero limitare l’intervento ed il contesto di vita della persona.

Il processo valutativo permette, pertanto, di porre l’attenzione sulla specifica Persona, di individuare le possibili leve terapeutiche, accertare la presenza e la gravità degli eventuali conseguenti alla patologia neurologica e prevederne le limitazioni. Soltanto una valutazione accurata può permettere di creare un progetto di cura personalizzato.

In accordo con le definizioni di salute elencati nella International Classification of Function (ICF) proposta nel 2002 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il progetto di cura tiene conto delle specifiche caratteristiche degli individui assistiti per quanto riguarda le abilità residue e recuperabili, i bisogni, le preferenze, la situazione familiare ed i fattori ambientali e personali.

I dati compresi nel progetto non riguardano le caratteristiche di malattia, ma piuttosto i parametri di menomazione, attività e partecipazione sociale.

Figura 1. Condizione di salute ICF

Pertanto, la valutazione in riabilitazione dovrebbe esplorare:

  1. la limitazione funzionale;
  2. la restrizione della partecipazione e la limitazione delle attività;
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  1. i fattori ambientali facilitanti e limitanti che influenzano le attività e la partecipazione;
  2. i fattori personali che intervengono ed eventuali complicanze psicopatologiche

L’equipe multidisciplinare indaga tali ambiti ponendo attenzione ai domini di valutazione sotto riportati:

  1. stato clinico generale definito dalla malattia, dalle eventuali complicanze intercorse e dallo stato preesistente alla patologia neurologica (es. nutrizione, disfagia, controllo sfintericoecc…)
  2. fattori personali, sociali ed ambientali: presenza del coniuge o di altre figure di riferimento, sostegno offerto dalla famiglia, caratteristiche dell’ambiente di vita, aspettative del paziente e dei familiari, livello di adattamento ecc…solitamente indagati mediante lo strumento Family Assessment Device(FAD)
  3. menomazioni cognitive e manifestazioni comportamentali: per indagare il funzionamento cognitivo globale (es. Mini Mental State Examination, MMSE), la disabilità (Bartel Index) o l’autonomia residua (Functional Indipendence Measure, FIM)
    La valutazione dello stato funzionale è di fondamentale importanza sia per le finalità diagnostiche che terapeutico – riabilitative, assistenziali e sociali in senso lato.Le scale ADL (Activities of Daily Living: fare il bagno, vestirsi, toilette, spostarsi, alimentazione, cura della persona…) e IADL (IADL Instrumental Actitities of Daily Living: usare il telefono, fare la spesa, preparare il cibo, governare la casa, fare il bucato, usare i mezzi di trasporto, assumere farmaci, usare il denaro, capacità di svolgere i lavori domestici…) costituiscono forse il più diffuso strumento per la valutazione indiretta dello stato funzionale indagato attraverso l’intervista del familiare.In ambiti particolari possono essere utilizzati strumenti che valutano funzioni specifiche (es. alimentazione, incontinenza, capacità di alzarsi dal letto ecc…)
  4. specifiche funzioni cognitive (per es. valutare il linguaggio mediante eloquio spontaneo, un breve test di denominazione, ripetizione, comprensione uditiva)
  5. sintomi non cognitivi (es. valutazione della depressione mediante il Beck Depression Inventory) la cui rilevazione è di fondamentale importanza sia nella fase diagnostica che per la programmazione e verifica degli interventi terapeutici e riabilitativi, che per la pianificazione dell’utilizzo dei servizi

Uno tra i test più utilizzati in ambito geriatrico è il Neuro Psychiatric Inventory (NPI): intervista ai caregivers in cui sono compresi aspetti psichiatrici ed aspetti funzionali riferiti agli ultimi 15 giorni. E’ composto da una sezione deputata a valutare inoltre lo stress dei familiari, ossia l’entità dell’impatto che i problemi hanno su di loro. Tra gli altri test molto usati si possono citare i seguenti: Geriatric Depression Scal e (GDS), Delirium Rating Scale (DRS) e Ryden Aggression Scale (RAS).

2. PRINCIPALI INTERVENTI RIABILITATIVI

I principali interventi riabilitativi con particolari adattamenti ed attenzioni possono essere utili non soltanto nella fase post acuta delle patologie neurologiche, ma anche nel Mild Cognitive Impairmant (MCI) e nelle demenze. Il MCI dal punto di vista clinico è considerato uno stato di transizione trail normale invecchiamento e la demenza conclamata. Sebbene vi siano presenti aree di sovrapposizione tra MCI e

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demenza, tale fase si differenzia poiché l’anziano non risulta essere compromesso sul piano delle abilità quotidiane, sebbene lamenti dimenticanze o difficoltà nella pianificazione dei compiti quotidiani.

Di seguito vengono riportati gli interventi più tradizionali e quelli più specifici. Tra gli interventi tradizionali i più utilizzati ed efficaci sono i seguenti:

} Reality Orientation Therapy (R.O.T.) basata su una stimolazione continua mirata all’orientamento nei confronti dell’ambiente per un periodo specifico di tempo e con modalità diverse in base alla gravità del paziente. Nei casi di persone affette da deterioramento lieve viene utilizzato il protocollo “formale” che prevede sedute di 45 minuti al giorno per 5 giorni a settimana, mentre in casi di deterioramento medio o grave la stimolazione delle abilità cognitive è indiretta e dura per tutto il giorno.

Per stimolare l’orientamento temporale vengono utilizzati spesso supporti esterni (es. immagini della sveglia che corrisponde ai momenti della giornata, azioni ecc…), mentre per l’orientamento spaziale sono utilizzate mappe, cartine topografiche riportanti il negozio in cui la persona faceva la spesa, riproduzioni della propria casa e degli arredi….

} Reminescenza fondata sulla tendenza a ricordare le proprie esperienze passate ed ha l’obiettivo di favorire il processo di recupero spontaneo e renderlo consapevole per ridurre l’isolamento sociale, aumentare il tono dell’umore e la funzione cognitiva mediante il ricordo di eventi passati. Stimolazione della produzione verbale spontanea e della socializzazione.

Creazione di schede di osservazione apposite per poter confrontare il “tempo 0” (ossia la prima seduta) con quelle successive ed annotando quante parole produce, quanto è partecipe durante l’incontro, le categorie di parole che utilizza più frequentemente ecc…

} Rimotivazione: si pone l’obiettivo di risvegliare gli interessi per stimoli esterni, indurre le relazioni con gli altri, la discussione di argomenti di attualità e viene utilizzata nei casi di deficit cognitivi lievi. Un esempio dell’applicazione di tale tecnica può essere rappresentato dal parire da un certo evento di attualità per stimolare la memoria episodica “quale evento questa settimana ha destato il suo interesse?”, “era già accaduto?”

Interventi più accreditati:

} Terapia di stimolazione cognitiva (Spector et al. 2001, 2003): sollecita la rievocazione indiretta, l’associazione senza forzare il recupero (commentare fotografie, eseguire semplici giochi di gruppo, ascoltare musiche…) e viene di solito svolta in piccoli gruppi con un conduttore ed un co- conduttore. Incentivare le potenzialità cognitive residue per mantenerle e potenziarle quanto più possibile, per ottenere una ripercussione sul benessere quotidiano del paziente.

}Training cognitivi specifici: riabilitazione delle singole funzioni cognitive. Interventi mirati ad implementare le funzioni cognitive selettivamente compromesse. Possono consistere in una vera e propria riabilitazione o possono indicare comportamenti protesici (come organizzare l’ambiente

circostante per prevenire l’errore) o di stimolazione di una funzione. Gli interventi si riferiscono a 4

singole funzioni cognitive considerate separatamente e possono essere adattati in modo flessibile ad ogni singolo paziente.

L’efficacia di ciascun intervento è strettamente connessa all’adeguatezza con cui viene effettuata la valutazione, pertanto nel corso del presente paragrafo per ciascuna funzione cognitiva saranno elencati alcuni degli strumenti che vengono usati in fase di valutazione e le principali tecniche utilizzate. La scelta dell’intervento è inoltre influenzata dal tipo di paziente, dal livello di deterioramento, di motivazione al trattamento, dal contesto in cui si svolge (ambulatorio, centro diurno, casa di riposo…) e dalle risorse disponibili (familiari, sociali, strumentali, tempo…

3. RIABILITARE LE FUNZIONI COGNITIVE

I processi che caratterizzano ciascuna funzione cognitiva ha una distinta base neurologica e possono essere intaccati selettivamente. Ciò è facilmente dimostrato da come lesioni in specifiche aree provochino specifiche menomazioni nel funzionamento o da come si delinei l’excursus demenziale. In quest’ultimo caso si può osservare come l’esordio si evidenzi con un disturbo nella memoria e poi proceda verso un disturbo delle funzioni esecutive per poi evolversi in disturbi visuo-spaziali, in seguito disturbi di astrazione poi del linguaggio per concludersi in aprassia ed agnosia prima di conclamarsi come Demenza di Alzheimer. Affinché si possa diagnosticare una demenza, infatti, la compromissione delle funzioni cognitive è necessario che sia accompagnato da almeno un sintomo tra afasia, aprassia o agnosia che solitamente compaiono più tardivamente rispetto alle problematiche mnemoniche o attentive che il paziente presenta già nelle fasi in cui si può rinvenire un quadro clinico di MCI.

Questo è uno dei motivi per cui sarebbe di fondamentale importanza poter agire in termini di prevenzione primaria attraverso test di screening sull’intera popolazione di persone di età superiore ai 60 anni o di prevenzione secondaria sulle persone che già presentano una sintomatologia riferibile al MCI. Tale prevenzione potrebbe favorire il mantenimento delle funzioni cognitive possedute ed allo stesso tempo individuare e trattare eventuali disturbi psicopatologici strettamente connessi alla perdita del proprio vissuto in riferimento alle azioni appena eseguite, alla pianificazione di azioni ed obiettivi nell’immediato futuro: queste persone non riescono a sentirsi partecipi della loro vita, nella maggior parte dei casi, e non ne conoscono le motivazioni, mentre l’ambiente sociale spesso risponde a tali problematiche disfunzionalmente, aggravandole.

Di seguito sarà descritta ciascuna funzione cognitiva ed a scopo prettamente divulgativo saranno elencati i principali strumenti usati per esaminarne la funzionalità e le tecniche riabilitative utilizzate. Naturalmente la persona è molto più di semplici caratteristiche, compromissioni o patologia, pertanto la trattazione si soffermerà su trasversalità individuabili nella maggior parte dei casi e si rimanda il lettore interessato a richiedere delucidazioni o ricercare suggerimenti ad hoc.

3.1. ATTENZIONE: funzione cognitiva mediante la quale vengono selezionate le informazioni provenienti dal mondo circostante. Si possono differenziare 3 tipi di attenzione sulla base delle diverse funzioni che assolve:

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  1. Selettiva: attraverso cui vengono selezionati specifici stimoli ed esclusi gli altri (es. concentrarsi su una voce in una stanza affollata ed escludere gli altri rumori)
  2. Divisa: l’attenzione viene distribuita contemporaneamente a due compiti (es. ascoltare musica mentre si guida)
  3. Sostenuta: capacità di mantenere l’attenzione in un periodo di tempo più prolungato (vedere un film o ascoltare un dibattito per 1 ora)

Dedicarsi a compiti complessi richiede molta attenzione. Se una persona ha problemi attentivi dobbiamo calibrare la tipologia, le modalità delle richieste e la quantità di tempo secondo modalità funzionali ed individualizzate.

Alcuni strumenti di valutazione:

  • ̈  Test di Stroop
  • ̈  Trail making test A e B
  • ̈  Matrici attenzionali
  • ̈  Test delle Campanelle
  • ̈  Compiti cancellazionë…Di seguito vengono presentate alcune delle tecniche usate per il potenziamento attentivo:
  • attenzione selettiva: tecniche di fading ossia di graduale riduzione del prompt, ossia dell’aiuto, fino ad eliminarlo
  • attenzione sostenuta: aumento dei tempi di attenzione tramite programmi appositamente strutturati con difficoltà crescente ed analisi dei fattori motivanti e rinforzi
  • attenzione divisa: somministrazione di compiti utilizzanti 2 modalità sensoriali diverse, richiedenti basse energie attentive per uno dei due compiti (calibrati per la singola persona) e solitamente caratterizzati da buon esito
  • Compiti di riconoscimento:

o Porgere una rivista e richiedere di selezionare le immagini pubblicitarie di una certa

categoria
o Trovare particolari informazioni su un quotidianoo Elencare gli oggetti contenuti in ciascuna stanzao Su un brano cerchiare una specifica lettera

• Compiti di rievocazione:
o Disporre due file da 3 carte da gioco coperte, richiedendo di individuare la posizione di

ciascuna carta
o Descrivere minuziosamente immagini illustrate

Alcuni consigli per migliorare l’attenzione:

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± Dedicarsi ad attività stimolanti che richiedono l’uso di un pensiero attivo (es. meglio risolvere un problema che guardare la tv)

± Ridurre le distrazioni

± Fare pause frequenti (monitorare stanchezza)

± Dialogo interno per controllare il compito e pianificare le azioni

± Verificare l’operato

± Cards che permettano di rendere positivo il dialogo interno (ossia ciò che una persona dice a se stessa, es. “concentrati su quello che devi fare”)

± Fissare obiettivi
± Usare incentivi
± Usare i momenti della giornata a maggiore rendita± Non avere fretta

3.2. MEMORIA

La memoria è definita come la capacità di acquisire, trattenere, rielaborare e rievocare l’informazione nel tempo. Esistono molti modelli utili alla spiegazione del funzionamento mnemonico e diverse tipologie di memoria. Secondo il modello di Atkinson ee Shiffrin (approccio HIP, 1968) le informazioni giungono mediante gli organi di senso e vengono trattenute per un periodo di tempo di 30 secondi mediante la memoria a breve termine.

Nel caso in cui non si pone la necessità del riutilizzo di tali informazioni, queste sono soggette a decadimento fisiologico per mancato utilizzo. In caso contrario viene effettuata una successiva elaborazione che permette di ritenere l’informazione per un periodo di tempo più prolungato, ossia per il tempo sufficiente al fine di eseguire un compito tramite l’uso della memoria di lavoro (Baddley & Hitch, 1974) o per un tempo lungo mediante la memoria a lungo termine.

Quest’ultima può riferirsi a ricordi rivocati verbalmente e coscientemente (memoria esplicita o dichiarativa) o può essere meno cosciente e difficilmente verbalizzabile (memoria implicita o non dichiarativa).

A sua volta la memoria esplicita si differenzia in memoria episodica o autobiografica o memoria semantica. La memoria episodica permette di ricordare gli eventi accaduti nel passato, quelli in corso o accaduti recentemente (ongoing memory) e gli eventi programmati o desiderati come appuntamenti, alimenti da acquistare ecc…(memoria prospettica).

La memoria implicita può essere distinta in procedurale ed associativa. La prima riguarda sequenze motorie (es. insieme delle azioni finalizzate alla guida dell’auto), abitudini e routine; la memoria associativa è data dal legame esistente tra concetti, pensieri ed esperienze.

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Nella Figura 2 sottostante vengono sintetizzate le informazioni precedentemente riportate. Figura 2: Le memorie

La memoria prospettiva può essere intaccata già nelle fasi precoci del MCI: le persone possono ricordare di scrivere sull’agenda gli incontri, ma non aprono l’agenda a causa del difetto nella memoria episodica. E’ ciò che il paziente riporta come problema. La memoria semantica, invece, è meno frequentemente compromessa. Quando ciò accade le parole perdono del loro significato. Per esempio alla parola “limone” non viene associato il suo sapore, colore, odore…

In questi casi il recupero dell’informazione deficitaria verte sulla memoria associativa o procedurale, che vengono conservate fino agli stati più avanzati della demenza.

Di seguito vengono riportati alcuni test utili a valutare i diversi tipi di memoria precedentemente elencati:

  • ̈  Span di cifre: avanti/indietro
  • ̈  Test di Corsi: avanti
  • ̈  Memoria visiva immediata
  • ̈  15 parole di Rey: BT e LT
  • ̈  Apprendimento spaziale
  • ̈  Apprendimento Coppie di Parole
  • ̈  Memoria di prosa
  • ̈  Figura complessa di Rey
  • ̈  …Dopo aver effettuata un’accurata valutazione vengono favoriti i Memory Training, i quali offrono stimolazioni personalizzate a difficoltà crescente sulla base delle limitazioni riscontrate mediante test standardizzati e schede appositamente costruite. Solitamente durante i primi incontri l’attenzione è focalizzata sulla psicoeducazione, ossia sul far comprendere al paziente ed ai suoi familiari i meccanismi
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attraverso i quali la memoria funziona e solo in seguito vengono assegnati specifici compiti da svolgere in loco e presso il domicilio.

Per sondare la memoria esplicita vengono utilizzati compiti di rievocazione o di riconoscimento.

Nel primo caso l’informazione viene rievocata mediante una ricerca attiva e volontaria (per es. viene chiesto al paziente di ricordare il nome proprio di una persona), mentre nel secondo caso il recupero avviene mediante il riconoscimento tra alternative che gli vengono poste.
I compiti di riconoscimento hanno una maggiore probabilità di riuscita e solitamente vengono usati per incrementare l’autostima e la motivazione al trattamento, in seguito vengono alternati a quelli di rievocazione che verranno inseriti a difficoltà crescente.

Il trattamento comporta la partecipazione attiva della persona, pertanto è subordinato alla motivazione del paziente ed alla presenza di un buon livello di comunicazione. Può essere personalizzabile e rivolto ad esercitare i diversi tipi di memoria.
In generale mira a rafforzare lo stimolo al ricordo attraverso un’associazione della cosa da ricordare mediante persone, oggetti, animali affettivamente carichi di significato, che hanno avuto un posto nella vita della persona.

Alcuni ausili spesso utilizzati nei casi di deficit mnestici sono i seguenti:

  • }  Agenda giornaliera
  • }  Calendario tradizionale, semplice e con la possibilità di annotare sulla riga corrispondente al giorno l’eventuale impegno
  • }  Lavagna magnetica o bacheca di sughero
  • }  Post-it
  • }  Blocchi per appunti e matita situati in luoghistrategiciSolitamente viene consigliato di:
  • }  Registrare un proprio diario personale
  • }  Scrivere subito un’idea o un messaggio
  • }  Appuntare un impegno
  • }  Annotare gli articoli da acquistare
  • }  Usare un telefono cellulare per numeri di telefono, ma anche agenda o sveglia per ricordare medicinali ecc..
  • }  Adattare il proprio ambiente (es. etichette)
  • }  Assegnare n posto per ogni cosa ed ogni cosa al suo posto (collocazione strategicadegli oggetti)
  • }  Creare una routine

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} Pianificare esperienze positive e gradevoli
} Gestire il proprio tempo (pause, rilassarsi, prendersi cura di sé)} Scomporre le informazioni
} Creare collegamenti, associazioni ed immagini mentali

3.3. PERCEZIONE

Il costrutto di “percezione” è distinguibile sulla base della capacità di cogliere gli stimoli esterni mediante gli organi di senso attraverso un’elaborazione primaria ed attribuire una funzione di senso a quanto esperito mediante l’elaborazione secondaria. Mentre nel caso di un deficit nell’elaborazione primaria si potrebbe verificare una percezione alternata degli stimoli, nel caso di deficit di elaborazione secondaria si determinano i seguenti disturbi legati alla connessione tra il percetto con la memoria semantica ed episodica:

  1. Agnosie per modalità sensoriale (visiva, acustica, tattile, ecc…) Per esempio nell’agnosia visiva il soggetto è in grado di disegnare su stimolazione verbale, ma non è capace di riconoscere le figure che lui stesso ha disegnato
  2. Agnosie specifiche per tipo di stimolo:

– prosopoagnosia: difficoltà nel riconoscimento di volti familiari

– anosognosia (o nosoagnosia): incapacità del paziente di riconoscere e riferire di avere un deficit neurologico o neuropsicologico, ossia inconsapevolezza dello stato di malattia

– amusia: difficoltà nel comprendere, riconoscere ed eseguire la musica – ecc..

3. Neglet o Negligenza Spaziale Unilaterale, presente in fase acuta in circa il 25% dei pazienti colpiti da ictus i cui postumi persistono in seguito ai 3 mesi nel 30% dei casi.

A causa di tale di tale disturbo la persona è inconsapevole degli stimoli presenti nello spazio controlaterale alla lesione e molto spesso anche alla metà del proprio corpo. La mancata percezione di un lato dello spazio corporeo o extracorporeo può comportare problemi comportamentali (es. lamentarsi di non aver cibo, se questo si trova nella zona non percepita), tendenza a collidere con gli ostacoli, difficoltà nella lettura, disorientamento topografico ed inadeguato allineamento posturale.

Nelle Figura 3 viene riportata una prova in cui viene chiesto al paziente di “barrare” le linee che vede, mentre nella Figura 4 è richiesta la copia da un modello. In entrambi i casi è possibile rinvenire l’omissione dei dati situati a sinistra, ossia nella regione controlaterale alla lesione riportata dal paziente, poiché lui ne ignora l’esistenza!

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Figura 3: Neglet cancellazione Figura 4: Neglet copia

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Alcuni degli strumenti utilizzati per valutare la percezione sono di seguito elencati:

  • ̈  Test di esplorazione visiva
  • ̈  Test di denominazione di figure
  • ̈  Test di discriminazione visiva
  • ̈  Street completion test
  • ̈  Test delle figure aggrovigliate
  • ̈  Ecc…Nel caso del Neglet è strettamente indispensabili che i familiari siano supportati nell’individuazione delle ripercussioni del disturbo, delle modalità richiestive più appropriate e siano addestrati all’utilizzo di modalità di esplorazione adeguate. Gli obiettivi riabilitativi vertono principalmente sui seguenti obiettivi:
  1. a)  potenziare il livello di consapevolezza, di motivazione e di alleanza terapeutica;
  2. b)  recuperare la capacità di esplorazione visiva, specie per lo spazio peri-personale;
  3. c)  promuovere strategie di compenso atte a superare le difficoltà di esplorazione.

3.4. LINGUAGGIO
In relazione a ciascuna delle seguenti funzioni linguistiche si possono realizzare specifiche afasie:

  • –  Produzione: espressione telefrafica e non fluente, spesso associata all’utilizzo esclusivamente di nomi, di verbi non coniugati ed all’esclusione di molti elementi della frase (soprattutto articoli ed avverbi). La lesione è localizzata nella corteccia frontale sinistra, chiamata area 44 diBroca
  • –  Comprensione: problematicità nella comprensione spesso associata alla difficoltà di “trovare le parole” quando il danno è collocato nell’area 22 di Wernicke deputato all’elaborazione degli stimoli uditivi.

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– Conduzione: difficoltà di produzione e comprensione. Alcuni dei test utilizzati per la valutazione del linguaggio:

  • ̈  Test di fluenza verbale
  • ̈  Token test
  • ̈  Costruzione frasi
  • ̈  Linguaggio spontaneo
  • ̈  Produzione indottaIl trattamento dell’afasia è spesso concordato a livello multidisciplinare ed è mirato a:- recuperare la capacità di comunicazione globale, di comunicazione linguistica, di lettura, di scrittura e di calcolo;- promuovere strategie di compenso atte a superare i disordini di comunicazione;
    – identificare problemi psicologici associati che condizionano la qualità della vita del paziente afasicoe dei propri familiari;
    – aiutare la famiglia e chi se ne prende cura a comunicare con il paziente; – addestrare i familiari alle modalità più valide di comunicazione.Tra i consigli generali che possono essere dati ai pazienti si chiede loro, se non viene in mente una specifica parola di descrivere l’oggetto, il cui obiettivo è da ricondursi nel comunicare il messaggio. Vengono, inoltre, insegnati specifici metodi per ricercarla, sondando le categorie e sottocategorie.Ai familiari sovente vengono poste le seguenti raccomandazioni che ad una prima lettura potrebbero risultare banali, ma spesso necessitano di role playing perché sovente si incorre nel rischiodi dare per scontato che il familiare possa comprendere, reduci dagli automatismi quotidiani. Di seguito vengono elencate le raccomandazioni più generali:
  • –  Parlare lentamente, usando frasi brevi e parole note
  • –  Non cambiare rapidamente argomento
  • –  Ridurre distrazioni e rumori
  • –  Se si comprende solo una parte ripeterla, in modo che l’interlocutore non debba ripeteretutto
  • –  Saper attendere

L’afasia
esempio in caso di aprassia occorre focalizzare l’attenzione sulla contestualizzazione degli stimoli e sulla facilitazione della sequenza dei gesti. In caso di disartria occorre operare un rinforzo muscolare e una stimolazione sensitiva oltre che individuare eventuali disturbi della coordinazione.

può coesistere con l’aprassia e la disartria rendendo più complessa la definizione degli obiettivi. Ad

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3.5. PRASSIE

L’aprassia è definibile come l’incapacità di eseguire volontariamente gesti o movimenti a causa di un disturbo della programmazione motoria, pur non avendo deficit di movimento

Può assumere le seguenti connotazioni:

  • –  Ideativa: incapacità di programmare e coordinare attività che prevedono sequenze di azioni
  • –  Ideomotoria: incapacità di eseguire un movimento su comando
  • –  Bucco-facciale: incapacità ad eseguire movimenti facciali
  • –  Costruttiva: incapacità nell’organizzare parti di una sequenza

3.6. FUNZIONI ESECUTIVE

Le funzioni esecutive constano di processi cognitivi di controllo consapevole che consentono di pianificare e portare a termine comportamenti complessi orientati ad un fine (Luria, 1973)

Alcuni test utilizzati per la valutazione delle FE possono essere rappresentati dai seguenti:

  • ̈  Wisconsing Card Sorting Test
  • ̈  Stime Cognitive
  • ̈  Torre di Londra
  • ̈  Brief-ANell’invecchiamento fisiologico si presenta una cristallizzazione delle funzioni esecutive che comporta una perdita di elasticità nel ragionamento, mentre nelle patologie neurologiche risentono dei deficit selettivi afferenti alla zona intaccata. I deficit possono comportare difficoltà nella programmazione delle azioni, nell’iniziativa, nella memoria di lavoro, nell’organizzazione dei materiali necessari allo svolgimento di un compito, all’inibizione degli impulsi o nel riorientamento attentivo.A causa di tali deficit perfino semplici azioni quotidiane possono richiedere un livello di supporto specifico facilmente individuabile attraverso uno studio del comportamento e dell’inensità di supporto necessaria, al fine di evitare gli eccessi di assistenzialismo.Nella Figura 5 viene rappresentata la suddivisione dell’azione del lavarsi i denti e per ciascuno step viene richiesto di individuare il livello di supporto necessario. Ciò permette di creare dei training specifici per il paziente ed i suoi caregivers.Naturalmente tale esempio di scomposizione del comportamento, detta Task Analysis, è applicabile a qualsiasi compito che richiede la programmazione di sequenze di azioni e si pone come base per poter sviluppare un piano di supporto.

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Figura 6 Esempio di una Task Analysis

Solitamente il processo riabilitativo per persone con deficit nelle funzioni esecutive pone l’accento sulle richieste, stimolandone non solo la programmazione ma anche la spontaneità ed i comportamenti prosociali. Spesso si serve di ausili visivi e visuo- spazio-temporali per la pianificazione delle attività al fine di comprendere la funzione delle rigidità cognitive ed inserirle in una cornice comunicativa funzionale e/o in un contento di interazione sociale.

4. CONCLUSIONI

Non sempre l’esito del processo riabilitativo comporta la restituzione delle funzionalità danneggiate, spesso è mirato al potenziamento della partecipazione del paziente all’interno del proprio contesto di vita e pone le leve sulle motivazioni della persona.

L’obiettivo principale della riabilitazione è costituito dal miglioramento della qualità di vita e tale miglioramento può avvenire soltanto all’interno un contesto accogliente che attraverso competenze multidisciplinari accompagna la persona ed i suoi familiari nella transizione verso una nuova fase della vita, riscoprendo nuove risorse e potenzialità, non solo la malattia.

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14Antonella Leccese

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