SULLE NEUROSCIENZE E LA DIFFERENZA TRA CERVELLO E MENTE.

 

Nel campo delle neuroscienze la filosofia ha molto da dire giacché i concetti fondamentali delle neuroscienze stesse, come per esempio i concetti di mente, pensiero e anima, sono concetti squisitamente filosofici. Le problematiche intorno a questi concetti si evidenziano nelle riflessioni delle neuroscienze. Queste fondamentali problematiche non possono essere soggette ad un improprio riduzionismo,- cioè ridotte e ricondotte ad un semplice fatto biologico e neurologico. Questo riduzionismo è purtroppo divenuto senso comune per cui problematiche che richiedono una profonda e complessa riflessione filosofica vengono banalizzate o nascoste.
Esaminiamo la genesi di questo riduzionismo che servendosi del “principio di causalità” permette allo scienziato riduzionista di asserire che il cervello è la “causa” e la mente “l’effetto”. Prima di procedere esaminiamo quale fattore ha originato o ha dato forza a quel principio. Senza alcun dubbio uno dei fattori principali è stato “ il neodarwinismo che intende la “mente” come effetto di una evoluzione estremamente complessa”(Emanuele Severino).
Dal principio. Molti scienziati asseriscono che generalmente i filosofi non conoscono la scienza per cui il loro lavoro risulta superficiale. Ma di quale conoscenza si parla e che cosa significa conoscere la scienza? La naturale risposta consiste nel dire che quella conoscenza è data dai metodi che la scienza usa, i risultati raggiunti, i suoi rapporti con le altre forme di sapere e con la società e i problemi che sorgono dai rapporti tra le singole discipline scientifiche e all’interno della stessa disciplina.
Ogni filosofo ha il dovere di conoscere queste problematiche scientifiche altrimenti non si può neanche chiamare filosofo.
Molti filosofi rispondono che ormai la filosofia deve porre alla propria base la scienza.
Questo modo di pensare non è né scientifico né filosofico poiché nessuna disciplina scientifica “contiene la strumentazione concettuale che le consenta di affermare che la filosofia deve porre alla propria base la scienza anzi accade che sia proprio la scienza a porre alla propria base una cattiva filosofia. SIN DAL SUO INIZIO, INVECE, LA FILOSOFIA INTENDE ESSERE LA FORMA ASSOLUTAMENTE RADICALE DEL SAPERE. E PER MOSTRARE IN CHE COSA CONSISTA IL SAPERE RADICALMENTE INCONTROVERTIBILE SI PORTA ALLE SPALLE DI OGNI ALTRO SAPERE (MITICO, ARTISTICO, ECONOMICO, POLITICO, TECNICO, SCIENTIFICO) E QUINDI ESCLUDE DI PORLO ALLA PROPRIA BASE (Emanuele Severino).
Appare chiaro quindi che la filosofia che pone alla sua base la scienza è superflua e inconsistente, in ogni caso è “scienza non filosofia”.
“Uno degli aspetti più importanti del portarsi alle spalle di ogni altro sapere riguarda l’esperienza umana del mondo.
Non esisterebbe infatti alcun sapere, quindi nemmeno quello scientifico, se il mondo non fosse manifesto, cioè non si mostrasse, non apparisse: non se ne facesse, appunto, esperienza. Certo, la scienza è una continua critica dell’esperienza. Afferma ad esempio che il sole non si muove, come sembra. Ma è necessario che questo sembrare appaia, perché la scienza possa affermare che è illusorio. La scienza però non si interessa di quel fondo che è appunto l’esperienza da cui la scienza parte.
Su di esso la scienza fa luce con le proprie lampade, tendendo però a dimenticare che sono sempre costruite con materiali che da quel fondo sono tratti.
A QUEL FONDO LA FILOSOFIA SI È INVECE SEMPRE RIVOLTA : PER STABILIRE SE, AL DI LÀ DELLE APPARENZE CHE ESSO CONTIENE, ESSO NON CUSTODISCA IN SÉ ANCHE UN NUCLEO INNEGABILE, INCONTROVERTIBILE, CHE STIA AL FONDAMENTO DI OGNI SAPERE E DI OGNI AGIRE
La filosofia “ si porta alle spalle” di ogni sapere e agire dell’uomo anche in uno dei campi oggi più frequentati nel campo della neurofisiologia e dell’intelligenza artificiale : quello del rapporto tra mente e cervello.
Carl Sagan, uno dei maggiori astrofisici e astrobiologi del XX secolo(e tra i più importanti consulenti e collaboratori della Nasa), scriveva nel suo libro”I draghi dell’Eden:” La mia premessa fondamentale riguardo al cervello è che le sue attività – ciò che chiamiamo “mente” – sono una conseguenza della sua anatomia e della sua fisiologia e nulla più”.
Tesi sottoscritta da una nutrita schiera di scienziati à la Francis Crick o à la Richard Dawkins, ma antichissima (risale alla filosofia greca). Si ricorda che nell’Ottocento era già sostenuta da Emil Du Bois-Reymond”.
Adesso occorre fare un passo indietro e ritornare al principio di causalità di cui abbiamo già discusso a proposito del neodarwinismo.
Partiamo dal “principio di indeterminazione” del fisico, premio Nobel, Werner Heisenberg il quale mostra che nessuna legge scientifica e quindi anche il principio di causalità può avere un valore assoluto; esso ha soltanto un carattere statistico-probabilistico, è una regolarità empirica che è sempre smentibile. (Con ciò non sto dicendo che i neuroscienziati e gli scienziati in genere devono rinunciare alle loro scoperte e conoscenze, esse in ogni caso sono molto utili anche se possono essere sempre smentibili perché fondate sull’osservazione. Le neuroscienze hanno fatto enormi progressi nella cura delle malattie del cervello, la scienza ha un enorme valore per il benessere della nostra vita, non possiamo rinunciare alle sue conquiste e ai suoi progressi essa ha una fondamentale utilità pratica per la nostra vita, il lavoro degli scienziati, quando ben condotto, va rispettato e incoraggiato, essa però si occupa di piccole porzioni di realtà fenomenica, si limita, è costretta a limitarsi per sua natura e statuto ai fenomeni parziali e di superficie. E’ una conoscenza empirico-sperimentale settoriale che è sempre smentibile in qualsiasi momento. Se i neuroscienziati e i dottori riescono a curare la salute dei malati mentali e a scoprire il funzionamento del cervello umano, ciò può darci grande soddisfazione e sollievo).
TUTTAVIA QUANTO PRECEDE TRA PARENTESI NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA MENTE.
Quindi che cos’è “la mente”?
“ LA “MENTE” È L’ESPERIENZA TOTALE DEL MONDO, ESPERIENZA CHE E’ LA FORMA ORIGINARIA DELLA MENTE E CHE INCLUDE TUTTO CIÒ A CUI IL SAPERE E L’AGIRE UMANO POSSONO RIVOLGERSI.

L’ESPERIENZA DEL MONDO E LA SUA MANIFESTAZIONE SONO LA FORMA ORIGINARIA DELLA MENTE ED È SOLTANTO SULLA BASE DI QUESTA FORMA CHE CI SI PUÒ METTERE IN CAMMINO PER CONOSCERE E AGIRE E DUNQUE PER CERCARE E TROVARE L’ORIGINE DELLA “MENTE”.
La mente di cui ha la pretesa di occuparsi la scienza è soltanto una parte dell’esperienza cioè una parte della mente originaria che sta alle spalle di ogni ricerca scientifica.
Al fondo della conoscenza e dell’agire non sta semplicemente il mondo ma la manifestazione del mondo, il suo esser noto ed è proprio questa manifestazione e capacità di esser noto che SI PUÒ CHIAMARE MENTE.
Questa mente è la luce che illumina uno spettacolo immenso, ma alla quale gli uomini non volgono quasi mai lo sguardo, e quando si rivolgono alla propria mente considerano soltanto la dimensione “psichica”, che è soltanto una parte dello spettacolo che in quella luce si mostra. Considerando tale limitata dimensione, lo scienziato “riduzionista” si serve del “principio di causalità”: il cervello è la “causa” e la “mente” l’ “effetto”.
Ma torniamo a Carl Sagan, chi è?
Carl Edward Sagan è uno dei maggiori astrofisici e astrobiologi del XX secolo(e tra i più importanti consulenti e collaboratori della Nasa). Egli scrive nel suo libro “I draghi dell’Eden: “La mia premessa fondamentale riguardo al cervello è che le sue attività – ciò che chiamiamo “mente” – sono una conseguenza della sua anatomia e della sua fisiologia e nulla più”.
“Ma come si fa a sapere che esistono cervelli e quelle “attività” che talora chiamiamo “mente”? E che quindi esistono corpi in cui i cervelli si trovano e lo spazio dove tali corpi vivono e stanno in rapporto con altre cose? Non si può rispondere che così: si sa che tutto questo esiste, perché appartiene al mondo che si mostra, si manifesta, appare, al mondo che sperimentiamo: all’esperienza. Chi pensa come Sagan è come se, in pieno giorno, alla luce del sole, tenesse in mano una lampada accesa e, convinto che l’unica luce sia il chiarore diffuso della lampada, sostenesse che esso è “conseguenza” dell’ “anatomia” e della “fisiologia” della mano che regge la lampada, “e nulla più”. Lo scienziato riduzionista smentisce la propria filosofia di fondo, che consiste nella volontà di eliminare ogni illusione di sopravvivenza dell’uomo: il corpo umano e il cervello – sostiene – sono destinati alla corruzione e alla morte, e quindi anche la mente, che non è altro che l’attività del cervello.
Tuttavia per lo scienziato riduzionista il “principio di causalità” presenta valore assoluto, è cioè una verità eterna e non qualcosa di corruttibile e di mortale.
Ma allora come può accadere che il corruttibile e mortale cervello dell’uomo sia legato alla mente da un vincolo incorruttibile e immortale?

(Emanuele Severino)

 

Lascia un commento