Il pezzetto di stoffa più potente del mondo

Articolo di Lia. Lia frequenta l’Egitto da circa otto anni e, a luglio dello scorso anno, ci si è trasferita stabilmente. Insegna Italiano in un’universita dell’Alto Egitto. Attualmente abita al Cairo.
Il blog di Lia – Haramlik – che descrive la quotidianità egiziana è certamente il migliore antidoto contro il contagio da psicosi di “scontro di civiltà”, assieme al libro di William Dalrymple, Dalla montagna sacra.
Esistono valanghe di veli diversi, come diversi sono i motivi (o gli insiemi di motivi) per cui viene indossato, da quelli spirituali a quelli materiali, da quelli politici a quelli più maliziosamente seduttivi.
Ed esistono anche pressioni, attorno al suo uso. Parlo di hijab, che è il pezzetto di stoffa più potente del mondo, si sa.
Tra le classi più basse si spinge affinché venga indossato e, in effetti, è lo strumento più efficace per non farsi troppo tampinare dai focosissimi giovanotti dei quartieri.
Le professioniste, invece, subiscono pressioni affinché non lo indossino, fino al punto di vedere addirittura in pericolo la propria carriera.
Pressioni o non pressioni, tuttavia, lo hijab è una scelta.
Rappresenta, al di là di ogni altra considerazione, la precisa volontà di manifestare apertamente la propria religione, ed è un modo di porsi nei confronti della vita in generale.
Di dichiarare ciò che si è e ciò che si desidera. Una donna che sceglie di indossarlo, come chi sceglie di non indossarlo, sta dicendo qualcosa, e lo dice in modo chiaro e aperto.
Per esempio, sta dicendo che non vuole essere considerata un oggetto sessuale.
Sta comunicando i suoi valori. Sta affermando di essere una musulmana praticante.
Per esempio. E’ arrivata una copia dell’Espresso, in Dipartimento, e ha fatto inc…are tutti.
C’è un articolo di Tahar Ben Jelloun che, tra altre cose anche molto condividibili, si schiera però furiosamente a favore della proibizione del velo nella laica scuola francese.
La questione è stravecchia, risale agli anni ’80.
E si basa su un equivoco, secondo me: “scuola laica” non vuole mica dire imporre agli alunni di essere laici!
Vuol dire solo che, proprio perchè è laica, accoglie gli studenti a prescindere dalla loro religione e senza imporgliene nessuna.
Quello che mi colpisce stavolta, però, è l’esercizio di captatio benevolentiae verso la società francese ad opera di esponenti, maschi, del mondo intellettuale musulmano presente in quel paese.
Non voglio avanzare sospetti su semplici (e squallidi) motivi di pura ricerca di consenso.
Potrebbero valere per Ben Jalloun, ma non per altri. Capisco che questa sia una risposta alla fobia antislamica, senza precedenti nella sua violenza, che ha colpito l’Occidente.
E’ come dire: “Trattiamo, siamo disposti a tutto pur di fare pace”. Specie con la Francia, di questi tempi.
Ok, trattiamo. E qual è la merce di scambio? Ma le donne, che domande!

Chi è che ferisce gli occhi dei razzisti comunicando apertamente di essere ciò che è? Le donne con lo hijab.
Come è più visibile, una musulmana? Con lo hijab o senza? Come la rendi invisibile, come la nascondi allo sguardo degli occidentali impauriti?
Togliendole lo hijab, mimetizzandola tra mille altre donne.
Facendola sembrare un po’ più cristiana.
Un po’ meno quello che è.
Restituiamo alle donne la loro invisibilità, suvvia.
Questi intellettuali musulmani non possono non sapere che, se una sceglie di indossare lo hijab, lo indossa e basta. Non può toglierlo fuori da scuola, rimetterlo prima di prendere il tram, ritoglierlo per le attività pomeridiane. questi intellettuali stanno dicendo alle donne di toglierselo, e basta.
O di metterselo nella clandestinità delle proprie case.
Senza considerare, vorrei aggiungere, che allo hijab è legato un preciso senso del pudore e del rapporto con il proprio corpo.
E, da donna, vorrei fare notare che, se è vero che obbligare una donna a coprirsi è una violenza, obbligare una donna a scoprirsi è una violenza infinitamente peggiore.
La posizione di questi intellettuali verrà salutata da molti come un meraviglioso contributo all’emancipazione delle donne arabe in Francia, scommetto.
Visto che non sanno pensare, ci voleva proprio, qualcuno che pensasse al posto loro.
(A questo punto, però, io desidererei che tutte noi occidentali che insegniamo in scuole e università dei paesi islamici, fossimo obbligate ad indossarlo, lo hijab.
Tutte. Mi sembrerebbe il minimo della reciprocità.
E sarebbe una violenza comunque minore di quella che si desidera infliggere a queste ragazze)

Visitate anche il blog di Kelebek
Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le “sette” e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o “zingari” dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte – il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com –
e che si pubblichi anche questa precisazione Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i
rispettivi siti o autori

Lascia un commento