Il Concetto di Persona in Bioetica

Antonino Fiannacca

Gli attuali sviluppi delle scienze biomediche ci obbligano a ridefinire la nozione di persona umana. Edgard Morin dice: “le potenzialità di una genetica liberale hanno già modificato i fluttuanti confini dell’identità personale erodendo lo stesso “principio di realtà” e aprendo nuovi modelli di esistenza”.[1]
Gli enormi passi in avanti tesi ad un miglioramento della qualità della vita, ci pongono delle domande nuove e problematiche.
Le persone in coma irreversibile sono ancora persone umane o sono esseri vegetativi?
Il bambino esiste come persona allo stato dell’ovulo, in quello della blastula, al terzo, al sesto mese o alla nascita?
E’ ancora persona quel corpo che gli apparati dei centri di rianimazione mantengono artificialmente in vita, prolungando le funzioni cardiache e respiratorie in assenza di ogni attività cerebrale?
Alla base di questi interrogativi, che sono argomenti di una discussione bioetica molto più approfondita, vi sono 2 concezioni fondamentali della persona:
o La concezione empirico psicologica o posizione funzionalistico-attualistica.
o La concezione ontologica.
Ø La concezione empirico-psicologica viene chiamata anche posizione funzionalistico-attualistica poiché attribuisce agli atti attraverso i quali si esprime la personalità umana, come la razionalità, l’autocoscienza, il provare piacere e dolore, la determinazione della persona umana.
Questa posizione è quella di Hugo Tristram Engelhardt Jr. che distingue tra le persone in senso stretto, che sono entità autocoscienti, razionali, liberi di scegliere e in possesso di un senso morale, e la vita biologica umana, che comprende tra l’altro neonati, gravi malati di mente, soggetti in stato vegetativo permanente e feti.
Poiché non tutti gli esseri umani sono autocoscienti, razionali e dotati di senso morale, non tutti gli esseri umani sono persone. Pur essendo membri della specie umana non hanno status in sé e per sé, nelle comunità morale.[2]
Un altro esponente di questa corrente di pensiero è Peter Singer.
Per il Singer la persona, essere razionale ed autocosciente, è tale se ha la capacità di provare piacere e sentire dolore. La vita biologica da sola non può dare ad un essere il connotato di persona. Nello stato vegetativo c’è vita biologica ma non c’è vita biografica. Il corpo è vivo ma la persona non lo è più. Tali esseri, vivi soltanto in senso fisico, senza nessuna prospettiva di riacquistare la coscienza, non hanno nessun connotato di persona.[3]
Ø La concezione ontologica fa discendere il valore della persona non dai suoi atti, o da alcune modalità psicologiche o empiriche, ma dalla struttura ontologica stessa dell’uomo. Quindi il valore della persona è contestuale al suo essere.
La prospettiva personalista guarda l’essere umano dall’ottica della concezione ontologica. L’etica personalista responsabilizza l’uomo e lo pone di fronte all’abisso della sua volontà di riconoscere l’altro come persona, ciò implica una relazione di accoglienza e di solidarietà,
Alla riflessione bioetica non basta sapere solo quando inizia una vita umana e quando finisce. E’ prioritaria la conversione del nostro atteggiamento nei confronti della vita, chiedersi quanto siamo disposti a riconoscere e amare la vita in ogni sua espressione e a riconoscere la vita umana nascente e morente come proprio simile, prendendosi cura di essa.
Se riconosce l’altro come altro, come avente un suo valore, l’uomo sceglie la vita, perché la vita è comunicazione, è relazione.
Dalla natura dell’essere come relazionale scaturiscono j principi etici del Personalismo: 1. Il principio di difesa della vita fisica.
Sancisce il valore fondamentale della vita e la sua inviolabilità, essendo la vita corporea (fisica) il valore fondamentale della persona stessa, nel senso che il corpo è il mezzo attraverso il quale la persona si realizza ed entra nel tempo e nello spazio, si esprime e manifesta, costruisce ed esprime gli altri valori, come la libertà, la socialità, il progetto futuro.
Da ciò scaturisce il rispetto della vita, la sua difesa attiva e la sua promozione.
Anche la vita vegetale, animale ha un suo valore ed è un dovere dell’uomo mantenere l’equilibrio delle varie forme di vita. L’utilizzazione delle varie forme di vita per la salute e la sopravvivenza dell’uomo non deve mai mettere in pericolo l’equilibrio cosmico e naturale.
2. Il principio di libertà e responsabilità.
Implica sia la responsabilità di trattare il malato come una persona, dotata di intelligenza, di volontà, di amore e quindi come fine e mai come mezzo, sia la libertà di non aderire ad una richiesta del paziente ritenuta dalla coscienza morale inaccettabile (eutanasia, aborto). Da tale principio discende la necessità del consenso informato e libero del malato.
Per il Personalismo la Salute è il compito morale di ogni uomo, una virtù, il risultato di autodisciplina, conoscenza della propria soggettività, responsabile utilizzazione delle proprie risorse biopsichiche e capacità di saper educare la propria alimentazione, la sessualità, l’emotività, di vivere armonicamente con se stessi, con gli altri, con la natura.
3. Il principio della totalità o principio terapeutico
E’ lecito intervenire sulla vita fisica della persona, intaccando anche la sua integrità, solo se ciò sia necessario per la salvaguardia della vita fisica del medesimo individuo nella sua totalità. A questo principio si ricollega la norma della proporzionalità delle terapie, che valuta la proporzione tra rischi e benefici.
La terapia si deve valutare all’interno della totalità della persona (corpo-psiche-spirito) e pertanto si esige una certa proporzione tra rischi e danni che essa comporta e i benefici che essa procura. Una terapia sproporzionata può dar luogo ad un accanimento terapeutico che si ha quando si inganna il paziente sperimentando su di lui una terapia senza vantaggio o a sua insaputa.
4. Il principio di socialità e sussidiarietà
Impegna ogni persona a vivere partecipando alla realizzazione dei propri simili. La considerazione del nostro essere con e per l’altro porta a cogliere un comune destino tra gli uomini e a ritenere la propria vita e quella altrui come un bene non soltanto personale, ma anche sociale, e impegna la comunità a promuovere la vita e la salute di ciascuno, a promuovere il bene comune promuovendo il bene di ciascuno.
La solidarietà sociale invita alla cooperazione responsabile tra gli individui e responsabilizza la comunità da una parte a curare di più chi è più bisognoso e a spendere di più chi è più malato, e dell’altra a non sostituire le libere iniziative dei singoli e dei gruppi, ma a garantirne l’espressione e la realizzazione.
[1] MORIN E., Il Metodo. L’identità umana V, (2001), trad. it. di S. Lazzari, Raffaello Cortina , Milano, 2002, pp.291.
[2] ENGELHARDT H. T., Jr., Manuale di bioetica, trad it. M. Meroni, Il Saggiatore, Milano, 1991. [3] SINGER P., Etica pratica, Liguori, Napoli, 1989.

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