A Spetses

A Sergio, Laura e Annina
A Spetses

Non è qui che siamo nati?
Dove la risacca riempie la conchiglia vuota
L’anemone dipinge le rocce fluttuando nel tempo sommerso
Dove il limone evapora i suoi fiori
Eliminando i veleni delle nostre apocalissi?
Dove ondeggiando tra Dio e il faro di Anargirios
Si è illuminato Il cammino dell’anima?
Dove tra una lacrima e il sospiro degli occhi
Si è aperta fulminea la crepa della verità?
Molto è avvenuto nel grande letto di Anagyri
Dove l’onda feconda e magnetica
Sfiorava tetti di luce e le Geometrie finali dei gabbiani
Segnavano il confine del tempo.
Aperta nel crinale La strada cammina da sola
Senza compagnie miserevoli.
Solo il vento si ferma sull’orlo del muro
Gira delicato sul bordo dei ricordi
Creando musiche polifoniche di anime disincantate.
Non c’è spazio per l’attesa.
Tutto il furore ombelicale
Risuona negli incontri e trascina
Corpi deserti di neve nelle calette affollate di pini marittimi.
Altri corpi danzano
Con l’odore del mare
Corpi tinti di corallo nascente
Corpi sognanti il miraggio
Della promessa fatata.
Non è qui che siamo nati?
Tra i poveri giacinti d’acqua e
Pensieri porosi d’amore
Figli mediterranei
Italici canzonieri del desiderio
Tragici poeti dell’etica.
Poveri condottieri dell’esistenza
Miserabili marinai Di barche disabitate
Canzonieri di tempo e di sangue
Ricchi dell’illusorio futuro.
Giorni di lacrime e risa
Scolpite sul filo della strada
Dove l’ultimo ciuffo di camomilla
Apre il suo aroma all’ape operaia.
Tutti viandanti
Gioiosi di madrigali abbandoni
Scritti sulla roccia delle calette
E nei raggi fulminei delle biciclette.
Solo le notti han lasciato tracce Di schiuma nei ricordi.
Già l’alba odora di terra Di miele Di canti profumati
Il mattino perlaceo
Colora l’occhio di un passato dimenticato.
Nessuno piange il proprio futuro
Tutti presenti e tutti dimenticati
Tutti presenti e tutti identificati
Tutti nominati e tutti ignorati.
Anime sparse nella terra minerale e acqua salmastra
Dove le parole dipinte si colorano di zafferano
E l’alito si catapulta nel faraglione dopo l’ultimo colle.
Forse mi ha salvato il vento Forse il bracciale di Annina
Forse l’amore di Sergio Forse mi ha salvato Anna,
Musa personale.
Forse l’altra Anna o Antonella o Giorgia
O forse mi han salvato Roberta o Simona o Dania o Silvia o Rita.
Forse mi salvò Monica o Maria Antonietta o Filomena o Elisabetta
Forse Abdehl o Roberto o Domenico o Riccardo o Umberto.
Forse mi han salvato tutti Mentre il mio uomo emergeva
Nelle spine parallele delle madri di pietra Ai piedi dell’ultima chiesa di Paraskevi
Dove l’icona ricorda l’importanza di essere interi.
Certo mi hanno salvato le anime sparse
Dei viandanti di Spetses che corrono
Per rimanere poeti del vento.
Non è qui che siamo nati?

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